giovedì 27 agosto 2009

ALITALIA E CORTE DEI CONTI: L'INCHIESTA NEGATA?


Contrariamente a quanto scritto fino ad ora, ad interessarsi del crack di Alitalia, non è stata solo la Procura di Roma (solo a seguito della denuncia del Codacons) ma anche la Corte dei Conti; negli stessi giorni in cui la Guardia di Finanza acquisiva per ordine della Procura, i bilanci di Alitalia degli ultimi 10 anni (tra l'altro consultabili su internet), dalla sede della Corte dei Conti partiva una raccomandata diretta al ministro Tremonti nella quale si leggeva che la magistratura contabile «ha in corso accertamenti diretti ad acquisire elementi in ordine alle modalità con le quali è stata gestita la quota di partecipazione dello Stato in Alitalia spa, con riferimento ai criteri di sana gestione aziendale, a tutela dell'integrità del patrimonio pubblico».

Nel mirino della Corte dei Conti anche la cosidetta "manleva" introdotta con la modifica della legge Marzano con la quale si sollevano dalle responsabilità gli amministratori in carica dal 18 luglio 2007; il procuratore generale della Corte dei Conti aveva già messo sotto accusa "l'esclusione della responsabilità amministrativa-contabile di amministratori, dirigenti, revisori dei conti e pubblici dipendenti, prevista dal decreto legge sulla ristrutturazione delle grandi imprese in crisi"; secondo il procuratore generale si tratterebbe di una sanatoria che "delinea una poco comprensibile deroga a principi universali di buona e corretta amministrazione e, al di là di considerazioni tecniche di coerenza costituzionale, non può che destare viva preoccupazione". Per chi non lo sapesse, malgrado l'aut aut di Tremonti sulla salvamanager, l'articolo 3 della Legge n. 166 del 27 ottobre 2008 mantiene infatti la salvamanager.

La Corte dei Conti in sostanza chiede di sapere cosa ha fatto il ministero azionista di Alitalia per evitare il crack e chiede tutta la documentazione "in ordine alle direttive che il ministero dell'Economia e delle Finanze, in relazione al suo ruolo di titolare delle partecipazioni statali nell'Azienda, ha emanato nell'ultimo quinquennio ed ha indirizzato al rappresentante del Ministero nell'assemblea ed agli organi societari"; già cosa è stato fatto per evitare il crack?

La "sensazione" è che il principale azionista di Alitalia, Tremonti (
Légion d' honneur), abbia sostanzialmente lasciato fare al commissario Fantozzi (anche lui Légion d'honneur ) che avendo le idee ben chiare ha scaricato buona parte delle responsabilità del dissesto di Alitalia sul personale, accusandolo di essere "troppo ed eccessivamente pagato" e così la vendita di Alitalia è stata basata su esuberi e stipendi; peccato che dopo aver venduto Alitalia a CAI (ed averla fatta pagare agli italiani), lo stesso commissario si è implicitamente smentito; un pò come se qualcuno vendesse la vostra auto dicendo che ha il motore fuso e poi si scopre che in realtà mancava la benzina; un lavoro eccezionale! Il predecessore di Tremonti, Tommaso Padoa Schioppa, troppo impegnato coi bamboccioni d'Italia, sembrò disinteressarsi dei "bamboccioni d'Alitalia", diede fiducia per diverso tempo a Cimoli e lasciò che della vicenda si occupasse il sottosegretario Tononi (ex Goldman Sachs).

Già, come dimenticare Giancarlo Cimoli? La
Corte dei Conti si era già espressa sulle condizioni in cui erano state lasciare le Ferrovie da Cimoli ("il miglior amministratore possibile").

Non siamo noi a dover dire cosa ha fatto il Ministero del Tesoro per impedire il crack di Alitalia (anche se comunque avremmo una nostra idea tanto pronta quanto censurabile), certo è che nel frattempo qualcosa si è fatta: il "
lodo Bernardo" che limita l'azione della Corte dei Conti e si applica ai processi ai corso (Decreto Legge n. 103 del 3 agosto 2009); Alitalia: quest'inchiesta non s'ha da fare?